Filtrare significa eliminare da un fluido, parzialmente o totalmente, le particelle e gli aerosol in esso contenuti. La filtrazione attraverso setti porosi non produce solo un effetto tipo setaccio, come generalmente si è portati a credere: se cosi fosse, sarebbe impossibile spiegare come un setto con porosità di un micrometro riesca a trattenere anche particelle di diametro di 0.3 μ.
Quando una corrente gassosa attraversa un setto poroso il flusso si suddivide in una quantità di microflussi che passano attraverso le fibre che costituiscono il setto; le particelle trasportate da queste micro correnti subiscono numerosi cambiamenti di direzione fino a quando non vengono catturate. Questo si ha quando una particella attraversa un qualunque tipo di setto poroso indipendentemente dal materiale da cui esso è costituito.
I continui cambiamenti di direzione fanno si che la particella prima di aver attraversato il setto filtrante abbia percorso un cammino fino a trecento volte superiore al suo diametro. Nel corso di questi cambiamenti di percorso la particella può essere catturata principalmente per tre tipi di forze diverse: per inerzia, per diffusione e per intercettazione.
Il primo meccanismo di cattura è per ”inerzia“ (fig.1-a) si ha specialmente con setto di fibre di grosse dimensioni (15-30 micrometri) e con velocità comprese tra 1 e 5 m/s. In queste condizioni le particelle più grossolane dispongono di un energia cinetica tale da consentire il mantenimento di una traiettoria rettilinea anche dove il flusso dell’aria tende ad incurvarsi attorno alle fibre del setto. Ciò provoca la collisione delle particelle contro le fibre e la successiva adesione per effetto meccanico o di rivestimenti adesivi. Questo meccanismo non ha effetto sulle particelle di piccole dimensioni che avendo bassa energia cinetica tengono a seguire gli incurvamenti delle linee di flusso e passano fra fibra e fibra. Questo tipo di cattura è dunque valido solo per filtri a bassa e media resa e la sua efficienza diminuisce sia con il diminuire del diametro delle particelle sia con l’aumentare della loro velocità.
Il secondo meccanismo di cattura è per “diffusione” (fig.1-c) si ha quando le fibre del setto filtrante sono del diametro di circa 0.1 micrometri e sono disposte in più strati paralleli alla direzione del flusso dell’aria. Con un setto di questo tipo le particelle di polvere di dimensioni più piccole tendono a seguire le linee di flusso della corrente dell’aria, che entro lo spessore del setto filtrante risulta laminare. In queste condizioni le particelle tendono a comportarsi come fossero molecole di aria, e quando il flusso viene deviato dalle fibre del setto esse si allontanano con un movimento a zig-zag dalla direzione del flusso stesso, vengono attratte dalle fibre e tendono ad essere fissate permanentemente per effetto dell’attrazione elettrostatica. Questo meccanismo di cattura delle polveri è caratteristico dei microfiltri di fibra.
Il terzo meccanismo di cattura è per “intercettazione” (fig.1-d), dipende dalla massa e dalla carica elettrica delle particelle, il cui diametro compreso fra 1 e 3 micrometri fa sì che alcune siano attirate dalle fibre del mezzo filtrante. Se una particella passa a una distanza dalla fibra inferiore al diametro della particella, questa viene attratta e fermata dalla fibra stessa.
Il quarto meccanismo di cattura è per “setaccio” (fig.1-b) esso si esplica quando la distanza fra le fibre è inferiore al diametro sella particella, che perciò non può passare attraverso il setto stesso.Questo meccanismo è di trascurabile importanza per i filtri ad alta ed altissima efficienza, mentre produce un certo effetto nei prefiltri che lavorano con polveridi grosse dimensioni.
L’effetto d’intercettazione è proporzionale al diametro della particella e inversamente proporzionale al diametro delle fibre e alla loro distanza. I rapporti d’influenza fra questi tre meccanismi di cattura variano a seconda delle particelle (fig. 2).
Fig.1 – Rappresentazione schematica dei metodi di cattura.
Fig.2 – Rappresentazione grafica dell’influenza esercitata da questi meccanismi quando variano le velocità e le dimensioni delle particelle.
I meccanismi di cattura influiscono in gradi diversi sull’efficienza totale del filtro la quale, a certe condizioni, ha un limite ben definito. Dato che l’effetto dei meccanismi d’intercettazione e d’inerzia aumenta con l’aumentare delle particelle mentre contemporaneamente diminuisce la forza di diffusione, ne consegue che esisterà una misura di particelle trova in equilibrio con questi tre meccanismo di cattura e che sarà pertanto la più difficile da trattenere. Questa misura è collocata intorno a 0.25 micrometri come si vede dal grafico (fig.3), in cui in ordinate è riportata la permeabilità di un filtro assoluto e in ascisse il diametro delle particelle.
Fig.3 – Rappresentazione grafica di come le particelle da 0.25 micrometri risultino le più difficili ad essere intercettate da un microfiltro.
CARATTERISTICHE DEI PRINCIPALI CONTAMINANTI DELL’ARIA ATMOSFERICA
L’aria atmosferica è una miscela di gas contenente in sospensione molte sostanze in forma di polveri o nebbie sia d’origine animale sia vegetale.
In condizioni normali l’aria è costituita dal 21% di ossigeno, 78% di azoto, 1%di argon e 0.03% di anidride carbonica. A questi gas si aggiungono percentuali minori di idrogeno e di gas rari quali neon, elio, ecc… oltre a quantità variabili di vapore acqueo. Il rapporto tra ossigeno ed azoto è praticamente costante mentre la quantità di vapore acqueo e di anidride carbonica è molto variabile. Il primo varia a seconda delle regioni climatiche, maggiore nelle regioni equatoriali e minore nelle zone desertiche. La seconda varia ciclicamente col giorno e la notte, durante la quale raggiunge la massima concentrazione. Le concentrazioni sono variabili fra zone di campagna e di città e vanno dal 0.015% al 0.09% in volume.
Le particelle solide e liquide disperse nell’aria prendono il nome di pulviscolo atmosferico: esse rimangono in sospensione per la loro estrema piccolezza (da 0.3 a 1.3 micrometri) e possono essere di origine meteorica, vegetale (spore, polline di piante) vulcanica, desertica (sollevata dal vento) o marina (sali provenienti dall’evaporazione di goccioline) o possono essere anche formate da microrganismi.
Tutte queste particelle vengono usualmente classificate come igroscopiche e non igroscopiche. Il primo gruppo comprende particelle del suolo aventi origine in regioni aride, compresi composti di origine biologica e residui di combustione. Le particelle igroscopiche sono fatte di composti facilmente solubili come sali del mare, composti di origine continentale come ammoniaca, e altri composto inorganici quali cloruri, solfati, nitrati ecc…
Quando l’umidità dell’aria aumenta, attorno a queste particelle si formano goccioline di acqua, queste impurità funzionano dunque da nuclei per la formazione di gocce e perciò vengono chiamate nuclei di condensazione. A seconda del diametro le particelle vengono divise in tre classi: nuclei di Aitken, nuclei grossi e nuclei giganti (fig.4).
Fig.4 – Denominazione delle particelle esistenti nell’atmosfera secondo le lori dimensioni, e importanza di ogni classe di particelle nei vari campi della meteorologia.
Tutte queste impurità disperse nell’aria hanno una sensibile influenza sulla salute dell’uomo poiché, aggiungendosi a quelle prodotte da lavorazioni industriali od agricole, possono causare seri disturbi all’organismo. Fra questi ricordiamo la silicosi, l’asbestosi e le bronchiti croniche dovute a gas tossici.
Anche i componenti di origine biologica possono causare gravi disturbi come ad esempio le varie allergie, fra le quali si ricorda la febbre da fieno. I contaminanti dell’aria atmosferica hanno dimensioni molto variabili da meno di 0.1 micrometri per i virus più piccoli fino ad oltre 100 micrometri per i pollini.
Fig.8 – Rappresentazione grafica della distribuzione granulometrica dei principali contaminanti industriali presenti nell’atmosfera.
Anche la concentrazione è molto variabile da zona a zona. In linea di massima si possono considerare i seguenti valori:
- Zona rurale 0.4 – 0.9 mg/m3
- Zona urbana 0.9 – 1.8 mg/m3
- Zona industriale 1.8 – 3.7 mg/m3
Fig.9 – Rappresentazione grafica della concentrazione delle polveri in base alla trasparenza dell’aria.
Nell’aria atmosferica sono presenti particelle praticamente di qualsiasi dimensione sottoforma di polveri, fumi, nebbie ed aerosoli. La grandezza delle polveri viene misurata in micrometri (μm); 1 μm è uguale a 10-6 m, cioè un millesimo di millimetro.
- Per “polveri” si intendono le particelle solide disperse nell’aria, con dimensioni non inferiori a 100 micron.
- Gli “aerosoli” sono costituiti da particelle solide e liquide molto più piccole generate per sublimazione, condensazione o combustione.
- I “fumi” sono miscele di particelle solide e di prodotti fluidi e gassosi. Si tratta di particelle molto piccole sia allo stato solido che liquido generate da combustione incompleta di sostanze organiche (carbone, legno, prodotti petroliferi, tabacco ecc..) con diametro per la maggior parte compreso tra 0.1 e 0.3 micrometri.
- Le “nuvole” sono costituite da particelle di acqua generate attorno ai nuclei di condensazione.
- Le “nebbie” e le “brume” sono costituite da goccioline in sospensione nell’aria, generate per condensazione di vapori o per nebulizzazione di liquidi.
- I “virus” hanno dimensioni variabili fra 0.005 e 0.1 micrometri e spesso si trovano riuniti in particelle di dimensioni maggiori, formate da colonie o da addensamenti con altri materiali.
- Le “spore vegetali” hanno dimensioni comprese fra 10 e 30 micrometri, in pollini fra 10 e 100 micrometri.
La concentrazione delle particelle nell’aria è, come abbiamo visto, molto variabile, ed escludendo quelle prodotte da particolari lavorazioni non è stato ancora possibile valutare un rapporto fra particelle depositate a causa della pioggia, dell’irradiazione solare ecc.. e quelle generate di nuovo a causa dei fenomeni naturali.
Nel corso degli ultimi decenni l’incremento delle lavorazioni industriali ha provocato un aumento della polverosità. La purificazione dell’aria avviene essenzialmente attraverso la pioggia. La concentrazione dipende anche dalla capacità che hanno le particelle di mantenersi in sospensione nell’aria; il tempo di permanenza in sospensione è essenzialmente legato alle dimensioni della particella stessa.
Quando le particelle hanno dimensioni inferiori a 0.1 micrometro, si comportano come molecole gassose e pertanto tendono a mantenersi in sospensione, il che rende difficile misurare il tempo di ricaduta. Le particelle con dimensioni fra 0.1 e 1 micrometri hanno già una velocità di caduta misurabile, ma essa è tanto bassa che i normali flussi di aria ne ostacolano la sedimentazione. Le particelle comprese fra 1 e 10 micrometri hanno una velocità di caduta costante ed esattamente ed esattamente misurabile ma anche in questo caso i normali flussi di aria tendono a mantenerle in sospensione.
Le particelle con dimensioni superiori a 10 micrometri, che si possono trovare nell’aria solo molto vicino al luogo di emissione o quando vi siano flussi molto elevati, precipitano molto facilmente ed è difficile mantenerli in sospensione. Queste particelle sono visibili ad occhio nudo in buone condizioni di illuminazione, quelle più piccole solo se in concentrazioni elevate. Questo è il caso del fumo di sigaretta che ha particelle di diametro medio di 0.5 micrometri.
Fig.10 – Rappresenta graficamente la distribuzione percentuale delle polveri disperse nell’aria a seconda del loro numero, dimensioni e superficie. Come si vede dalla curva (a), le particelle con diametro inferiore ad 1 micrometro rappresentano in numero il 99% del totale delle particelle che compongono le polveri.
Dalla curva (b) si può notare che raggruppando le particelle in base alla superficie proiettata, quelle inferiori a 1 micrometro rappresentano l’80% del totale.
Relativamente alle dimensioni vediamo che dalla curva (c) che le particelle con diametro inferiore a 1 micrometro rappresentano circa il 30% del peso complessivo delle polveri. Notiamo subito quali differenze esistono fra questi valori: solo lo 0.1% delle particelle disperse ha una grossezza superiore ad 1 micrometro, ma il loro peso rappresenta addirittura il 70% del peso totale.
L’opportunità di un efficace filtrazione è evidenziata da questa constatazione: un normale impianto di ventilazione con una portata di aria di 100 m3/h, potrebbe in un anno immettere nell’ambiente oltre 100 kg di polveri. Oltre a mantenere la pulizia degli ambienti, la filtrazione provvede a eliminare dall’aria tutti quei contaminanti che sono nocivi o irritanti e che causa delle loro dimensioni possono facilmente raggiungere i polmoni.
Fig.11 – Come si vede dal grafico si ha la massima concentrazione di particelle capaci di raggiungere gli alveoli polmonari per diametri minori di 0.1 micrometri (fumi) e intorno a 1 micrometro (batteri, fuliggini).